Ave all’autista

Nocturno 12. (Se vivete a Roma, sapete cosa significa)

Sono cresciuto, come tutti, con i film di Fantozzi. E la scena in cui il ragioniere tenta di salire a bordo del bus mi ha sempre fatto ridere. Finché non sono venuto a Roma. Quando ho conosciuto i bus notturni, ho scoperto che Fantozzi non esagerava per niente.

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Il neorealismo

Non sono di strada e devo salire a Termini. La mia religione parla chiaro: “Mai a Termini! Sali a Piazza Venezia, che se hai culo pure ti siedi”. E, infatti, a Termini siamo già in 15.000.

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Al mio segnale, scatenate l’Inferno

Appena arriva l’autobus, la calca avanza verso le porte. Lenti e implacabili come una legione romana. È comodo, non devi neanche camminare. Ci pensano quelli dietro di te a farti salire.

Non so come, mi ritrovo a bordo, spalmato sul vetro dell’autista come carta da parati. Le porte fanno fatica a chiudersi, c’è chi si aggrappa alle chiappe altrui pur di stare a bordo. Finché l’autista non caccia un urlo. E io conosco uno dei più bei personaggi di questi mezzi pubblici.

È grasso, pelato, con il pizzetto. Indossa un cappellino del Napoli. È uguale a Zulù dei 99 Posse, e la ragazza al mio fianco (che fa anche lei la carta da parati) glielo dice subito.

Lui si alza e guarda il suo autobus come fosse il suo regno. Con la voce resa potente da una pancia pavarottesca e l’accento arrotondato da chissà quale quartiere di Napoli, ci urla:

– Se state comodi possiamo partire!

C’è scritto di non parlare al conducente. Ma Zulù è irrefrenabile. Un chiacchierone nato, da far invidia a venditori e gestori di pizzerie. Senza troppi problemi ci prende tutti in confidenza, come fossimo amici in viaggio di piacere.

L’autobus lascia la bella (!) Termini.

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Giovanotti della bella Termini

C’è talmente tanta gente che non si parla più di passeggeri, ma di un unico passeggero informe, un ammasso composto da colori diversi. Una marmellata di tante nazionalità che si sposta in modo uniforme a ogni curva.

Al primo incrocio, Zulù muove il braccione e bussa alla spalla di un bengalese aggrappato alla porta. Gli indica lo specchietto e

– Non ci vedo! – gli dice quasi in dialetto.

Ma siamo così tanti che spostarsi è impossibile. E così, da quel momento, ogni volta che l’autobus deve svoltare o accostarsi, il passeggero gli dà le indicazioni. Un lavoro di squadra in napoletano-bengalese.

– Occhio, occhio a destra…

– Vedo, prevedo e stravedo – gli risponde Zulù sereno – ho i sensori di Gùgol nel buco del culetto!

Porta Maggiore. Una delle porte più interessanti delle mura Aureliane, dove l’antica via Prenestina si estingue finalmente nella Città Eterna. È sempre stata un via vai. Un tempo c’erano i carri, ora i carrozzoni. Per coerenza con la Storia del Caos, oggi c’è un incrocio maledetto, fatto di auto, taxi, tram, autobus e lavavetri abusivi. E passano tutti nello stesso momento.

Zulù si sporge dal finestrino e chiede scusa a un automobilista

– Fateci passare, che c’ho ventimila persone avvelenate che vogliono andare a casa!

Poi, come se fosse la conseguenza più logica, si volta verso di noi e ci dice

– Forza Napoli!

Così. E poi, non pago:

– C’ho pure la maglietta con scritto Juvemmerda!

Fermata. Un altro migliaio di persone cerca di salire dove non scende nessuno. Zulù si affaccia agli avventori

– Salite, salite, che c’è posto per tutti!

Dentro, risate generali. Perché, in certi momenti, quando hai il naso nell’ascella di uno e i piedi sulle gambe di un altro, trovare qualcuno che ti prende in giro fa solo che bene.

Zulù è un bravo autista. Sa cosa significa non respirare per 30-40 minuti. E così comincia a cantare. Canzoni napoletane.

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Poteva andare peggio.

Noi ridiamo, ma lui l’ha presa sul serio. E dal momento che le conosce solo lui, cambia repertorio. Ci incita a proporre canzoni. Salta fuori, naturalmente, Pino Daniele.

Il Notturno 12, carico di gente e lanciato verso la periferia, è diventato il pullman di una gita scolastica. Centinaia di sconosciuti cuciti uno addosso all’altro, per mezzora, sono entusiasti compagni di viaggio.

Skaiosgaio

Scritto ascoltando “Birdland” dei Weather Report